Il Falun Gong e la sua resistenza pacifica
Relazione annuale 2010
Come dimostrano le pagine di questo rapporto, la portata e la crudeltà della campagna del Partito Comunista Cinese contro il Falun Gong sono sconcertanti. Ma forse il fatto ancora più degno di nota è che il Falun Gong non sia stato sconfitto.
Quando il Partito Comunista lanciò la repressione contro il Falun Gong nel luglio del 1999, pochi osservatori si aspettavano che la campagna sarebbe durata più di qualche mese. Dopo tutto, i praticanti del Falun Gong erano persone pacifiche dedite alla meditazione. Erano del tutto impreparati a resistere alla forza dell’apparato di sicurezza e di propaganda del Partito che si stava abbattendo su di loro.
Ma a distanza di oltre dieci anni, milioni di cittadini cinesi praticano ancora il Falun Gong, e pare che il numero sia in crescita. Non solo le persone continuano a praticare gli esercizi di meditazione del Falun Gong e a seguirne i principi morali, ma hanno anche messo in atto una resistenza sostenuta. Lavorano attivamente per informare i loro connazionali sulla vera natura della loro disciplina spirituale, e sulle violazioni dei diritti umani commesse contro di loro.
Probabilmente vi siete imbattuti in qualche manifestazione del Falun Gong. Si tratta di veglie silenziose di meditazione tenute fuori dalle ambasciate o dai consolati cinesi, degli appelli di una giovane donna la cui sorella è detenuta in un campo di lavoro in Cina, o manifestazioni e marce volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla persecuzione in Cina. Avrete probabilmente sentito parlare dei mezzi di informazione che alcuni aderenti del Falun Gong hanno avviato, per fornire un’alternativa alla televisione e ai giornali statali cinesi, o di come il software sviluppato dai praticanti americani del Falun Gong sia ora utilizzato per aggirare la censura governativa di Internet dalla Cina all’Iran, alla Siria e alla Birmania.
Ma quali sono le motivazioni e il significato più profondo dietro queste azioni? In che modo la disciplina spirituale del Falun Gong ha elaborato la sua risposta alla persecuzione in Cina? E come si è evoluta questa risposta negli ultimi dieci anni? Questo articolo cerca di far luce su questi aspetti ancora incompresi della resistenza pacifica del Falun Gong.
Motivazioni e credenze
“Il cosiddetto principio di ‘verità, compassione e tolleranza’ predicato dal [Falun Gong] non ha nulla in comune con il progresso etico e culturale socialista che stiamo cercando di raggiungere.” Così si legge in un editoriale del 27 luglio 1999 del principale portavoce del Partito Comunista Cinese, l’agenzia di stampa Xinhua .
“La Falun Dafa creata da Li Hongzhi predica l’idealismo e il teismo…, e quindi è assolutamente in contraddizione con le teorie e i principi fondamentali del marxismo”, proclamava un altro editoriale della Xinhua datato 22 luglio 1999.
Queste sono state le prime ragioni addotte dal Partito Comunista Cinese (PCC) quando ha lanciato la sua campagna per sradicare il Falun Gong. Per stessa ammissione del PCC, si trattava di una questione di disaccordo filosofico, incentrato su una dicotomia percepita tra teismo e ateismo.
È altrettanto vero che la persecuzione riguardava anche le dimensioni del Falun Gong – si stima che i praticanti fossero oltre 70 milioni – e la sua indipendenza dallo Stato. Ma è improbabile che il Partito avrebbe perseguito il Falun Gong con tale intensità se non fosse stato per le differenze ideologiche tra i due.
Nella copertura giornalistica dal luglio 1999, questo aspetto è stato quasi del tutto assente, perso tra le crescenti accuse retoriche del Partito Comunista contro il Falun Gong e dai resoconti di torture e uccisioni di praticanti in custodia.
Sembra essere un motivo bizzarro, da spingere a spazzare via un’intera religione divenuta popolare. È molto più facile presumere che le ragioni della persecuzione fossero di tipo politico o personali, piuttosto che divergenze filosofiche.
Eppure questa divisione ideologica è fondamentale per comprendere come si è svolta la campagna contro il Falun Gong, come il Falun Gong ha risposto e cosa significa tutto questo per il futuro della Cina.
Sottolineando che la salvezza e il progresso risiedono nella rettitudine morale e non negli obiettivi secolari, gli insegnamenti del Falun Gong sfidano la narrativa del progresso del Partito Comunista. Mentre il Partito Comunista credeva che il progresso potesse essere misurato attraverso l’avanzamento materiale, il Falun Gong cercava il progresso attraverso il raffinamento spirituale interiore. Ovvero un processo descritto non come un avanzamento, ma come un “ritorno” a un sé più vero e puro.
Questa visione del mondo scoraggiava la ricerca della ricchezza o del prestigio. Incoraggiava invece la tolleranza, l’altruismo e l’onestà e dichiarava che solo la moralità, misurata dalle virtù di Verità, Compassione e Tolleranza, determinava il valore di una persona. E mentre il Partito Comunista Cinese ritiene che la natura umana sia intrinsecamente cattiva e necessiti di controllo, il Falun Gong sostiene che gli esseri umani sono innatamente buoni.
Le rispettive convinzioni di ciascuna parte hanno definito il modo in cui hanno risposto all’altro. Il Partito Comunista, credendo nel potere del materialismo e avendo pochi mezzi per comprendere le motivazioni intangibili o spirituali, ha cercato di reprimere il Falun Gong attraverso il controllo, la coercizione e la violenza fisica.
La risposta del Falun Gong alla persecuzione, al contrario, si basa sulla fede nella bontà innata degli esseri umani. Sulla convinzione che, se alle persone viene semplicemente presentata la verità, la loro coscienza le costringerà ad agire con giustizia e benevolenza.
Gli inizi della resistenza del Falun Gong
Quando il PCC e il suo apparato di sicurezza iniziarono la repressione contro il Falun Gong il 20 luglio 1999, la comunità del Falun Gong accolse la notizia con notevole sorpresa e sconcerto. Le tensioni con il Partito sorsero sin dal marzo 1996, quando il Falun Gong aveva lasciato l’associazione di qigong autorizzata dallo Stato. Tuttavia l’idea che una campagna di soppressione di stampo maoista sarebbe stata lanciata per colpirli era difficile da comprendere.
Tre fattori rendevano la situazione particolarmente incomprensibile. In primo luogo, la pratica del Falun Gong ha un effetto positivo nella vita degli aderenti. Ha reso le persone più sane, più positive e più produttive, un fatto riconosciuto dagli stessi alti funzionari del Partito alla fine degli anni ’90. In secondo luogo, gli aderenti al Falun Gong basano una parte significativa della loro identità sull’idea di essere cittadini onesti e rispettosi della legge. Ovvero le ultime persone che dovrebbero diventare bersaglio di repressione. In terzo luogo, il Falun Gong non aveva aspirazioni politiche. Dunque non c’era motivo perché il Partito Comunista sentisse minacciato il suo monopolio del potere politico.
La risposta iniziale dei praticanti del Falun Gong alla campagna, quindi, è stata quella di presumere che il Partito Comunista avesse semplicemente commesso un terribile errore. Credevano che il Partito fosse male informato sulla natura del Falun Gong e sul sostegno popolare di cui godeva.
La risposta degli aderenti è stata tipica di quelli che il politologo Kevin O’Brien descrive come i “legittimi resistenti” della Cina. Ovvero di persone che non volevano sfidare il governo, ma volevano invece che esso rispettasse le proprie leggi e proteggesse i contratti sociali esistenti. Si tratta di persone che, invece di entrare nella clandestinità e impegnarsi nella sovversione, hanno cercato l’attenzione del governo e fatto appello alle sue istituzioni.
A tal fine, praticanti del Falun Gong provenienti da tutto il Paese si sono recati presso gli uffici locali per le petizioni. Qui speravano di poter spiegare perché il Falun Gong non rappresentava una minaccia per il governo e di chiedere il ripristino dei loro diritti.
Tuttavia l’esito non fu positivo. Gli uffici d’appello locali divennero porte d’accesso ai campi di lavoro e alle prigioni. La polizia si fermava lungo la strada e chiedeva ad ogni firmatario se praticasse il Falun Gong. Se la risposta era affermativa, la persona veniva immediatamente portata via.
I praticanti iniziarono presto a guardare oltre gli uffici governativi locali, verso Pechino, chiedendo dialogo, riconciliazione e comprensione. Come la maggior parte dei cittadini cinesi di oggi, avevano più fiducia nella saggezza del governo centrale che nei loro leader locali.
Eppure i risultati non furono migliori. Tra la fine del 1999 e l’inizio del 2001, centinaia di aderenti al Falun Gong provenienti da tutto il paese si presentavano in piazza Tiananmen. Qui organizzavano proteste silenziose, meditavano o srotolavano striscioni che proclamavano la bontà e l’innocenza della Falun Dafa. Queste immagini, e le scene di brutalità della polizia che immancabilmente seguivano, sono diventate le rappresentazioni iconiche della persecuzione per il mondo occidentale. E seppur per un certo periodo riuscirono ad attirare l’attenzione dei media, tuttavia la persecuzione non fece che crescere in modo più determinato e severo.
Samizdat di stampo cinese
Nel 2001, la violenza e la propaganda incendiaria contro il Falun Gong stavano raggiungendo il culmine in Cina. I media statali cinesi continuavano a pubblicare regolarmente rapporti che descrivevano i presunti mali del Falun Gong. Persino gli studenti, dalle scuole elementari fino alle università, erano costretti a denunciare la pratica spirituale e i compagni di classe che continuavano apertamente a seguire il loro credo. Nel frattempo, le notizie di morti in custodia erano diventate un fenomeno quotidiano, e i brutali metodi di tortura usati per convertire con la forza gli aderenti al Falun Gong venivano perfezionati.
Sembrava che la fede del Falun Gong nella bontà dell’umanità non avesse avuto successo, almeno per quanto riguarda la leadership del Partito. Di fronte alle manifestazioni pacifiche e agli sforzi dei praticanti per “chiarire la verità” sulla natura della pratica spirituale (come inteso nel linguaggio del Falun Gong) la leadership comunista è stata implacabile.
Restava la speranza che, sebbene la leadership potesse essere poco reattiva, il popolo cinese stesso potesse ancora essere persuaso. Dopotutto, erano le persone che portavano avanti la repressione quotidiana, dai dipartimenti di polizia delle piccole città e gli amministratori dei campi di lavoro agli insegnanti costretti a consegnare gli studenti impenitenti del Falun Gong e ai vicini che denunciavano i vicini. Se solo la gente avesse saputo la verità, ragionavano i praticanti del Falun Gong, non sarebbe più stata complice di tale ingiustizia.
Private di qualsiasi voce all’interno dei media ufficiali, nel 2001, le proteste quotidiane in piazza Tiananmen hanno lasciato il posto a tipografie clandestine autonome diffuse in quasi ogni contea e distretto del paese. Erano l’equivalente cinese del Samizdat sovietico, si potrebbe dire. Dai loro salotti, i praticanti stabilivano connessioni Internet sicure e accedevano a siti Web al di fuori della Cina utilizzando server proxy. Scaricavano articoli, solitamente censurati, sulla persecuzione del Falun Gong e li utilizzavano per produrre volantini fatti in casa.
Nel frattempo altri si offrivano volontari per distribuire tali volantini, di solito al calar della notte. Queste azioni sono state sempre intraprese con grande rischio per i praticanti che vi partecipavano. Migliaia di persone sono state arrestate e molte uccise per il possesso e la distribuzione di questi materiali o per aver gestito i siti di produzione.
Oggi, un gran numero di queste tipografie clandestine continua ad operare. Nel 2009, il principale sito web del Falun Gong all’estero, Minghui.org, ha riferito di essere regolarmente in contatto con circa 200.000 siti di questo tipo nella Cina continentale.
Le prove dell’esistenza di queste tipografie provengono da una moltitudine di fonti, dalle statistiche ufficiali sui sequestri di materiale informativo del Falun Gong da parte della polizia alle testimonianze aneddotiche di cittadini che si svegliano e regolarmente trovano un cd sulla repressione in attesa davanti alla porta di casa. Nel frattempo, i siti web del governo cinese e del Partito Comunista fanno regolarmente riferimento agli sforzi per limitare la circolazione della letteratura relativa al Falun Gong.
Nella primavera del 2009, ad esempio, l’Amministrazione provinciale dei trasporti del Fujian ha emesso un avviso, poi pubblicato online. In esso si ordinava che tra gli articoli da prendere di mira nell’ambito di un giro di vite a livello nazionale sulle pubblicazioni politiche illegali c’erano quelli che “diffamavano il sistema politico del paese, distorcevano la storia del Partito, …, [o] pubblicizzavano il ‘Falun Gong’”.
Oltre a distribuire volantini di notte o tra amici e conoscenti intimi, è noto che alcuni aderenti al Falun Gong vanno porta a porta. Cercano di raccontare le loro storie ai cittadini comuni. Sebbene tali azioni possano sembrare simili al proselitismo che forse conosciamo in Occidente, l’obiettivo qui non è la conversione religiosa, ma l’arrivare a comprendere i motivi per i quali la loro fede viene perseguitata, e la posta in gioco è incredibilmente alta. Un resoconto di questo processo viene dall’autore Liao Yiwu nel suo libro del 2009 The Corpse Walker: Real-Life Stories, China from the Bottom Up:
Una mattina di dicembre del 2004, due donne vestite con cura si presentarono alla mia porta. Entrambe sembravano avere una cinquantina d’anni e sembravano contadine della vicina periferia. Una donna si guardò attorno e sussurrò: Non siamo mendicanti. Siamo praticanti del Falun Gong…Ogni donna portava una borsa che, come ho scoperto in seguito, conteneva pile di pubblicazioni del Falun Gong. Mi ci sono voluti alcuni secondi per ricompormi. Ho avuto un’idea audace. Le ho invitate a entrare, ho cercato un taccuino e ho deciso di intervistare Chen, una delle due donne.
Chen ha iniziato l’intervista ringraziando Liao per la sua apertura mentale.
Al giorno d’oggi, la campagna di lavaggio del cervello del governo e le tattiche di minaccia hanno fatto sì che molte persone abbiano paura di essere associate al Falun Gong…. Non li biasimo. Migliaia di praticanti sono stati rinchiusi e torturati a morte. Chi non avrebbe paura? Ma le persone hanno bisogno di scoprire la verità su di noi…. Non importa come il governo cerchi di distorcere la verità calunniandoci e perseguitandoci, crediamo che alla fine la verità prevarrà.”
Chen ha continuato raccontando la sua storia di come la pratica del Falun Gong le abbia portato sollievo dalle malattie e le abbia insegnato a vivere una vita più positiva. Ha raccontato di come è stata imprigionata, una volta iniziata la persecuzione, di come si è recata in piazza Tiananmen per fare appello al governo centrale e di come è stata successivamente portato in un ospedale psichiatrico per essere torturata con i bastoni elettrici. Liao ha ascoltato la sua storia, commosso sia dalla brutalità di ciò che la donna aveva subito, sia dal suo coraggio e tenacia di fronte alla persecuzione:
Ero solito pensare che se tutti i cinesi avessero seguito i principi di verità, benevolenza e tolleranza, come predicato dal Falun Gong, ci saremmo rassegnati totalmente all’oppressione. Il Partito Comunista potrebbe governare questo Paese senza opposizione e per sempre. Credo di essermi sbagliato.
Nel corso degli anni, questi incontri personali hanno effettivamente prodotto risultati. Chiaramente lo stesso Liao è stato sufficientemente toccato e convinto dalla storia di Chen, tanto da correre il rischio di includerla nel suo libro. Negli ultimi anni, decine di avvocati per i diritti umani hanno rischiato la propria carriera, e la propria libertà, per denunciare le ingiustizie subite dai praticanti del Falun Gong.
Nel frattempo, centinaia di migliaia di cittadini comuni che non praticano il Falun Gong hanno pubblicato dichiarazioni sul sito web Minghui.org scusandosi pubblicamente per aver partecipato ad attività anti-Falun Gong, ed esprimendo gratitudine verso gli aderenti e il fondatore, il signor Li Hongzhi, per la loro gentilezza, il coraggio e la pazienza nel risvegliare la bontà nei cuori del popolo cinese. Solo nel 2009 sono state pubblicate 13.153 dichiarazioni di questo tipo.
Nonostante queste vittorie, le piccole tipografie clandestine e le conversazioni individuali non potranno mai competere con il livello di decibel dei media statali. Ma l’idea aveva un potenziale. Sfidando la narrativa del Partito Comunista sul Falun Gong, i praticanti potevano almeno far riflettere le persone prima che denunciassero i loro compagni di classe, mandassero i familiari a corsi di rieducazione o torturassero i praticanti del Falun Gong in custodia.
La domanda da porsi era quindi come raggiungere più persone e la risposta sarebbe arrivata dall’estero.
Sforzi dall’estero
Il Falun Gong ha iniziato a diffondersi fuori dalla Cina tra l’inizio e la metà degli anni ’90. Era portato principalmente da laureati cinesi che conseguivano titoli di studio avanzati all’estero. Le sessioni di meditazione del Falun Gong spesso si svolgevano nei campus universitari, e la composizione degli aderenti all’estero rifletteva questa storia: un sondaggio demografico sui praticanti del Falun Gong nordamericani, condotto dallo storico David Ownby dell’Università di Montreal, ha rivelato che il 67% aveva un’istruzione universitaria e il 43% aveva conseguito un master o un dottorato.
Queste competenze, concentrate nei campi della scienza e della tecnologia, si sono rivelate preziose nel contrastare la repressione nella Cina continentale. Oltre a controllare i media del Paese, il Partito Comunista esercita anche il controllo su Internet. Quando è iniziata la campagna contro il Falun Gong, le autorità cinesi hanno iniziato a investire in sofisticate tecnologie di censura e sorveglianza di Internet, filtrando ermeticamente le informazioni sul Falun Gong e altri argomenti politicamente sensibili.
Nel 2001, un piccolo gruppo di praticanti cino-americani del Falun Gong iniziò a progettare un antidoto alla censura e alla sorveglianza online della Cina.
Il gruppo, composto da sviluppatori di software, ingegneri informatici e scienziati della NASA, trascorreva il proprio tempo libero sviluppando strumenti sicuri per aggirare la censura. I più popolari sono conosciuti oggi come Freegate e Ultrasurf. Questi strumenti sono proliferati in Cina, consentendo a milioni di utenti individuali di accedere alle informazioni online senza timore di essere sorvegliati e di comunicare liberamente tra loro e con il mondo esterno. Ora sono gli strumenti anti-censura più diffusi al mondo, e hanno trovato ampie basi di utenti anche in Iran, Birmania, Vietnam e altrove.
In un articolo per il New York Times pubblicato nel giugno 2009, Nicolas Kristoff ha accennato all’impatto che questi strumenti hanno sui cittadini cinesi:
“’Freegate è stato per me una sorta di ponte verso il mondo esterno’, ha dichiarato un giornalista cinese dissidente, che ha chiesto di restare anonimo. “Prima di accedere a Internet tramite Freegate, ero un tipo filo-governativo.”
La crescente comunità di aderenti e sostenitori del Falun Gong all’estero ha anche cercato di sfidare direttamente il dominio del Partito Comunista sui media in lingua cinese. Nel 2001, i praticanti cino-americani del Falun Gong fondarono un giornale cinese di interesse generale chiamato DaJiYuan (The Epoch Times). Inoltre nel 2002, altri lanciarono una stazione televisiva satellitare in lingua cinese attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per trasmettere in Cina notizie sul Falun Gong e sui diritti umani, nonché argomenti come la corruzione ufficiale, il progresso della società civile, la cultura tradizionale cinese e il processo e i principi democratici del mondo occidentale.
Sfidare il regime
La comparsa di iniziative come queste da parte dei praticanti del Falun Gong ha sollevato dubbi sul fatto che la pratica spirituale sia o sia diventata una forza politica.
È un’accusa che i seguaci del Falun Gong negano quasi universalmente, poiché gli insegnamenti della pratica stabiliscono che non dovrebbe essere corrotta dal coinvolgimento nella politica, nel denaro o nel potere. Gli stessi praticanti del Falun Gong non cercano il potere politico in Cina o altrove, e non hanno mai cercato di formare un movimento sociale per sostenere politiche o cause particolari, a parte il desiderio di porre fine alla repressione contro di loro in Cina.
Se chiedete loro cosa faranno se e quando la persecuzione finirà in Cina, la maggior parte dei praticanti del Falun Gong probabilmente risponderà che torneranno a meditare nei parchi prima di andare al lavoro, proprio come facevano prima del 1999.
Tuttavia, questo può essere difficile da conciliare con alcune delle cause e degli approcci adottati da molti praticanti del Falun Gong negli ultimi anni, in particolare il loro sostegno a un movimento che incoraggia i cittadini cinesi a rinunciare ai loro legami con il Partito Comunista Cinese. Ma uno sguardo più attento a queste attività rivela che anche esse riflettono l’orientamento apolitico del Falun Gong.
Il movimento per ritirarsi o denunciare il Partito Comunista (il movimento Tuidang, come viene chiamato) ha avuto inizio alla fine del 2004. Fu allora che il quotidiano DaJiYuan, composto in gran parte da aderenti al Falun Gong, pubblicò una serie di editoriali intitolati Nove Commentari sul Partito Comunista.
La serie descrive la storia del Partito Comunista in Cina, con particolare attenzione ad eventi come la Rivoluzione culturale, il Grande balzo in avanti, il massacro di Piazza Tiananmen e la repressione del Falun Gong. Al di là della mera descrizione di eventi storici, la serie ha anche espresso un giudizio sulla natura stessa del Partito Comunista, in quanto entità totalmente disumana. Si sostiene che la Cina non sarà mai libera finché il Partito Comunista sarà al governo.
Ma pur denunciando il Partito Comunista, gli articoli hanno fatto poco per prescrivere come dovrebbe essere un sistema politico alternativo a quello attuale in Cina. Non hanno prestato molta attenzione ai processi o alle istituzioni che dovrebbero governare la Cina, e si sono costantemente astenuti dal richiedere democrazia in Cina.
Invece di attingere ai valori o al linguaggio democratico liberale, gli articoli si rifacevano alle stesse tradizioni morali che caratterizzavano il Falun Gong, utilizzando la teologia confuciana, taoista e buddista per illustrare le argomentazioni. Il movimento Tuidang, per molti versi, riguarda più una rinascita spirituale ed etica, piuttosto che una rivoluzione politica.
Nel giro di pochi mesi, milioni di cittadini cinesi avevano letto la serie editoriale di DaJiYuan . Milioni di copie sono state inviate via email, fax o spedite in Cina. Ispirati dal loro messaggio, migliaia di persone hanno presto iniziato a visitare il sito web DaJiYuan (con l’aiuto della tecnologia anti-censura di Freegate e Ultrasurf) per pubblicare le loro dichiarazioni in cui denunciavano i loro legami con il Partito Comunista. Nel giro di un anno, le migliaia sono diventate milioni.
Oggi, sul sito web DaJiYuan sono stati pubblicati decine di milioni di nomi che hanno rinunciato al Partito Comunista, e oltre 20.000 persone hanno lasciato resoconti dettagliati del motivo per cui si sono uniti al movimento. Mentre alcuni usano i loro veri nomi, la maggior parte firma le proprie dichiarazioni con pseudonimi a causa del rischio di ritorsioni, rafforzando la valutazione che il significato delle dichiarazioni risiede più nel cambiamento apportato alla coscienza delle persone che nell’appartenenza formale o meno al Partito Comunista.
Nelle loro dichiarazioni, molti parlano delle sofferenze patite sotto il comunismo o della disillusione dovuta alla corruzione del Partito. Alcuni chiedono perdono e assoluzione per i peccati commessi in passato durante il massacro del 4 giugno o durante la Rivoluzione culturale, ed esprimono empatia e solidarietà con i seguaci sofferenti del Falun Gong. E molti esprimono un senso di sollievo, di libertà e di speranza che il futuro della Cina possa essere migliore del suo recente passato.
“Sono stato testimone della disumana persecuzione da parte del Partito Comunista nei confronti delle brave persone che praticano il Falun Gong”, si legge nella dichiarazione di Yin Xianghui. “Ma sono stato ingannato dal Partito Comunista per molti anni e ho creduto che la persecuzione fosse commessa solo da pochi individui e non fosse rappresentativa del Partito Comunista nel suo insieme. Ho avuto la fortuna di leggere i “Nove Commentari sul Partito Comunista” di DaJiYuan. Sono stato risvegliato e ora ho una comprensione più profonda…”
“Dichiaro che non mi associo più al Partito Comunista… Vorrei muovermi verso un domani più luminoso e avere una coscienza pura”.
Nel settembre 2009, un gruppo di otto individui ha pubblicato una dichiarazione collettiva dichiarando:
“Il Partito Comunista ha portato incessantemente disastri e persecuzioni al popolo… noi ci ritiriamo dal Partito e ci ritroviamo di nuovo puliti e puri. La cultura tossica del Partito Comunista ci ha fatto dimenticare la nostra natura umana, la nostra coscienza e i nostri standard morali. Eravamo insensibili alla questione di bene e male. Dopo aver letto l’editoriale di DaJiYuan “Nove commentari sul Partito Comunista”, vediamo ancora una volta chiaramente e abbiamo ritrovato noi stessi”.
Nel luglio del 1999, la leadership del Partito Comunista sostenne che il Falun Gong doveva essere sconfitto perché i suoi valori – incarnati da Verità, Compassione e Tolleranza – erano antitetici all’ideologia ufficialmente atea. Oggi, aderenti e sostenitori del Falun Gong stanno ribaltando questa argomentazione, affermando che il futuro della Cina non risiede nel materialismo marxista, né nelle forze della violenza, nella coercizione o nella paura, ma piuttosto nell’onestà, nella giustizia e nel senso di comune umanità.
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Caylan Ford sta frequentando un master in affari internazionali presso la George Washington University, dove studia politica cinese e sicurezza internazionale. Attualmente sta scrivendo una tesi sul dissenso organizzato in Cina. È anche analista ed editrice volontaria per il Falun Dafa Information Center.